Educazione all’olio

Le olive

Le olive sono il frutto (drupa) dell’ulivo, pianta mediterranea per eccellenza. In Italia esistono circa 500 diverse varietà di olive, alcune sono più adatte a produrre olio, altre sono ottime per produrre olive da tavola. Invece, alcune sono dette “a duplice attitudine”, quindi adatte per entrambi le destinazioni.

In Calabria si contano almeno 33 cultivar di olivo differenti: Borgese, Carolea, Cassanese di Lauropoli, Cerchiara, Chianota, Ciciarello, Corniola di Villapiana, Razza, Dolce di Rossano, Fecciaro, Fidusa, Grossa di Cassano, Grossa di Gerace, Mafra di Cerchiara, Melitana, Miseo, Napoletana, Nostrana di Amendolara, Ottobratica, Pargolea, Pennulara, Perciasacchi, Policastrese, Pugliasca, Rezza, Roggianella, Santomauro, Sinopolese, Squillaciota, Tombarello, Tonda di Strongoli, Tondina, Zinrifarica. Tra questa la più diffusa in tutte e cinque le province è la Carolea.

L’ulivo è un albero sempreverde autoctono del bacino del Mediterraneo, dell’Africa e dell’Asia, che nei secoli è stato esportato anche altrove; presenta caratteristiche specifiche in base alle varietà, ma queste ultime si accomunano più o meno tutte per: fusto corto e tozzo che non supera gli 8-15m di altezza (eccezion fatta per la Pisciottana, tipica della regione Campania, che supera i 15m di altezza); foglie verdi o argentee, di forma allungata e lunghezza tra 1 e 3 cm; fiori bianchi; frutto costituito da piccole drupe comunemente dette olive; queste sono di colore verde in stato acerbo ma, al sopraggiungere della maturazione, inscuriscono tendendo al viola per divenire totalmente nere.

L’ulivo può essere molto longevo, sembra che il più antico al mondo viva a Creta ed abbia una età compresa tra i 2000 e i 4000 anni; in Calabria il luogo in cui si contano più ulivi ultracentenari è l’Aspromonte, dove arrivarono grazie ai Normanni. Molti ulivi monumentali in Calabria sono distribuiti sulla Piana di Gioia Tauro: “Il Dasa” a Vibo Valentia, “Il Rossano” e “Il Gattuzzo” in provincia di Cosenza.

La raccolta

La raccolta

La raccolta delle olive è un’operazione estremamente importante e delicata ai fini dell’ottenimento di un olio extra vergine di alta qualità (ma anche per l’ottenimento di olive da mensa!).

Per ottenere un prodotto di qualità è necessario adottare il metodo di raccolta più adatto e scegliere il periodo giusto, tenendo conto dello stato di maturazione, della varietà e dell’andamento stagionale. Sarà necessario anche riporre e trasportare le olive all’interno di cassette forate entro poche ore dalla raccolta.

I metodi ottimali per la raccolta delle olive sono brucatura e scuotitura che prevedono il loro distacco direttamente dall’albero e riducono al minimo i danni arrecati alla chioma.

La brucatura è la raccolta manuale delle olive direttamente dalla pianta che metodo che preserva al meglio l’integrità del frutto. Un tempo era effettuata a mano salendo su lunghe scale, attualmente si lavora da terra utilizzando agevolatori ad aria compressa o elettrici che “pettinano” la pianta e consentono un notevole risparmio di tempo e fatica e riducendo i problemi di sicurezza legati all’impiego delle scale. Le olive distaccate dai rami cadono a terra su ampie reti stese al suolo e sono poi raccolte e riposte nelle cassette.

La scuotitura è la raccolta meccanica attraverso scuotitori del tronco o dei rami. Si tratta di grosse pinze azionate da trattori che, vibrando, provocano il distacco delle olive e la loro caduta su teli stesi a terra o in grandi “ombrelli” rovesciati.

In passato – in alcuni luoghi ancora oggi – capitava che venisse applicato il metodo della cascola naturale, ovvero si attendeva la caduta per maturazione delle olive per poi raccoglierle da terra. Si tratta di un metodo da evitare assolutamente in quanto gli oli e le olive da tavola prodotti da tali frutti sono di scarsa qualità, poco conservabili e non adatti al consumo alimentare.

Il periodo migliore per la raccolta delle olive è quello che permette di godere delle migliori caratteristiche organolettiche che non coincide con lo stadio più avanzato di maturazione delle olive bensì, in genere, con la fase iniziale di “invaiatura”, quella cioè in cui le olive si colorano progressivamente passando dal verde al rosso-nero. Naturalmente questo periodo cambia con le varietà coltivate, con la zona e con l’andamento climatico stagionale, pertanto non esiste un momento esatto e riproducibile ovunque ed ogni anno uguale. In generale la raccolta viene generalmente eseguita fra ottobre e dicembre, alcune varietà vengono raccolte anche fino a marzo.

Frangitura, gramolatura ed estrazione

All’arrivo in frantoio le olive vengono prima di tutto pesate e sottoposte a defogliazione e lavaggio. Da questo momento le olive sono pronte per le successive e fasi di lavorazione: frangitura, gramolatura, estrazione, conservazione e filtrazione che, da millenni, seguono una logica operativa pressoché invariata.

La frangitura è la fase durante la quale le olive vengono frantumate fino ad ottenere una pasta grossolana che contiene buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo) e noccioli (endocarpo) che svolgono una funzione drenante ed agevolano la successiva separazione dell’olio dalla pasta. Tralasciando il metodo tradizionale (vedi voce specifica “molitura”), il metodo moderno ricorre a frangitori a martelli o a dischi rotanti, con il vantaggio di frantumare velocemente una grande quantità di olive, ottenendo una pasta più uniforme e limitando al minimo il dannoso contatto della pasta di olive con l’ossigeno.

La fase successiva è quella della gramolatura che consiste in un lento e continuo rimescolamento della pasta di olive ottenuta, all’interno di una macchina detta gramola. Si tratta di un passaggio importante: permette di rompere l’emulsione acqua-olio che si è formata durante la frangitura e riunire le goccioline di olio mosto in gocce sempre più grandi che saranno più facili da lavorare nella successiva estrazione.

La gramolatura si effettua oggi in vasche di acciaio inox a tenuta stagna per poter controllare la quantità di ossigeno che entra a contatto con la pasta, eventualmente anche saturandole con gas inerti come l’azoto. Durante la fase di gramolatura, che dura circa 30 minuti, la temperatura della pasta non deve mai superare i 29 gradi centigradi al fine di preservare le caratteristiche organolettiche e le proprietà dell’olio [estrazione “a freddo”].

L’estrazione è il cuore del processo di lavorazione: dalla pasta ottenuta dalle precedenti fasi si procede alla separazione delle tre componenti: sansa, acqua di vegetazione e mosto oleoso e può essere discontinua o continua.

L’estrazione per pressione è un sistema discontinuo: la pasta uscita dalla molazza viene posta su pannelli circolari filtranti, forati al centro (fiscoli). Questi vengono sovrapposti, intervallati da dischi di acciaio per uniformare la pressione e impilati su carrelli posti sotto la pressa. Una pressione crescente per circa 1 ora permette al mosto oleoso (olio e acqua di vegetazione) di separarsi dalla parte solida (sansa) che rimane sui fiscoli.

I metodi continui, oggi maggiormente utilizzati, ottengono la separazione dell’olio dalla parte solida non attraverso la pressione, ma facendo ricorso ad altri principi fisici. Il sistema estrattivo più diffuso, quello per centrifugazione, sfrutta il diverso peso specifico dei singoli componenti. La pasta proveniente dalla gramolatrice viene immessa in una grossa centrifuga o decanter che tramite un’elevata velocità separa la sansa dal mosto oleoso, separato a sua volta in olio e acqua di vegetazione da un apposito separatore centrifugo.

Al termine di queste operazioni, si ottiene sempre un olio perfettamente commestibile, ma torbido perché ha in sospensione mucillagini, bollicine d’aria, frammenti di polpa e residui d’acqua. È dunque necessario un periodo di decantazione in modo che tutte le sostanze estranee si depositino sui fondo (morchia) oppure si possono abbreviare i tempi ricorrendo alla filtrazione tramite sistemi di filtraggio di diversa natura e composizione.

La molitura

Nel processo di molitura (tradizionale), le olive raccolte, ripulite e lavate vengono sottoposte ad azioni meccaniche con lo scopo principale di provocare la rottura della parete cellulare e delle membrane che le compongono. In questo modo i succhi cellulari, e quindi l’olio, fuoriescono dal frutto permettendo di raccogliere il prodotto e di passare alle fasi successive di lavorazione. La rottura viene affidata in maniera naturale dallo sfregamento dei noccioli (e dei loro frammenti) contro le polpe oppure mediante la collisione dei dispositivi meccanici, talvolta coltelli talvolta martelli, in rotazione a velocità sostenuta verso la massa delle polpe. Viene così estratto un olio d’oliva “grezzo” chiamato anche pasta d’olio, un composto semifluido che vede mescolarsi una frazione semisolida (bucce, polpa e frammenti di noccioli) e una frazione liquida (emulsione di acqua e olio) e che costituisce il prodotto principale della molitura delle olive. Come spesso accade nei processi di lavorazione di alimenti di estrema qualità come l’olio extravergine di oliva, ogni fase può essere eseguita in modi diversi a seconda delle necessità, del tipo di impianto, del prodotto finale e delle tradizioni o scelte aziendali.

La molitura classica viene attuata tramite la molazza, uno strumento appartenente alla tradizione e che deriva dalle classiche macine in pietra appartenenti all’immaginario comune della nostra cultura. Con questa tecnica l’azione meccanica viene esercitata una o più grandi ruote generalmente in granito che effettuano una rotazione sui frutti raccolti, puliti e lavati. La fuoriuscita dei liquidi viene data, come detto precedentemente, dall’azione di sfregamento dei noccioli e dagli spigoli taglienti dei loro resti contro la polpa delle olive, e non dallo schiacciamento delle macine le quali, invece, hanno il compito di rimescolare la massa in lavorazione. La molitura classica rappresenta anche la tecnica più ricca di tradizione, in quanto in passato veniva attuata da un’unica grande macina che veniva trainata per mezzo di un braccio da asini o cavalli. Attualmente la molazza viene mossa da un motore.

La vasca in cui è contenuta la molazza è composta principalmente da granito e acciaio e ha come principale caratteristica tecnica la possibilità di regolare lo scalzo, cioè lo spazio che intercorre tra la molazza e il fondo della vasca, così da ottenere frammenti di nocciolo (i veri artefici della molitura) delle dimensioni adeguate alla varietà di olivo da cui vengono raccolti i frutti. Sono presenti delle lame sulla ruota, inoltre, che hanno la funzione di rimuovere la pasta d’olio che aderisce alla superficie migliorandone il rimescolamento e spingendola sotto lo scalzo. La molitura avviene con cicli di 12-15 giri al minuto per un totale di circa mezz’ora, tempo in cui è possibile lavorare circa 3-4 quintali di olive e ottenere una quantità di pasta d’olio adeguata al riempimento di una presa idraulica.

L’olio

L’olio è una sostanza grassa, liquida a temperatura ambiente.
Nell’uso comune l’olio è quello ricavato dalla spremitura delle olive o di altri prodotti vegetali, largamente usato, specialmente nei Paesi mediterranei, per condire, cuocere, friggere e conservare gli alimenti e che in passato era usato anche per alimentare fonti di illuminazione.

Esistono diverse tipologie di olio di oliva:

  • L’olio extravergine di oliva viene estratto con procedimento meccanico. La spremitura può avvenire a freddo, quindi sotto i 29℃, ma anche a temperatura non controllata. Il grado di acidità oleica dell’olio EVO deve essere inferiore allo 0,8% (la prova viene effettuata in laboratorio).
  • Olio di oliva vergine viene estratto esattamente come l’extravergine ma deve avere un’acidità inferiore o uguale allo 2,0%.
  • Olio di oliva lampante: con un’acidità superiore al 2%. Questo olio è sempre estratto con soli metodi meccanici ma non è idoneo al consumo alimentare. Ciò non significa, tuttavia, che non sia utile: ad esempio in Puglia, nel Salento, l’olio d’oliva lampante viene impiegato per la produzione di energia elettrica. L’olio lampante può essere reso commestibile attraverso un processo di rettificazione. Si tratta di un processo chimico attraverso il quale l’olio lampante diventa commestibile. L’olio lampante rettificato viene classificato come “olio di oliva”. Si tratta quindi di un olio raffinato.
  • Olio di oliva raffinato: anche se con un’acidità inferiore o uguale allo 0,3%, l’olio di oliva raffinato viene ottenuto grazie alle rettificazione di oli vergini lampanti attraverso metodi fisici e chimici, e successivamente viene raffinato
  • Olio di sansa: il residuo di lavorazione dei frantoi viene chiamato sansa. La sansa viene portata nei sansifici, dove con estrattori chimici viene prodotto un olio al quale, come nel caso dell’olio di oliva raffinato, viene poi aggiunta una quantità di olio vergine pari al 3%.

L’olio di oliva deve essere conservato in bottiglie di vetro scuro o latta, al riparo dalla luce e fonti di calore. Se il contenitore è integro e ben sigillato l’olio di oliva in esso contenuto si mantiene inalterato per circa 18 mesi. Una volta aperto è bene consumarlo entro l’anno.